“Credo che autonomia sia dimostrare di saper vivere da soli: fare la spesa, cucinare, rispondere al telefono”; “per me essere indipendenti significa prendere l’autobus da solo e andare al centro commerciale”; “mi sono sentito autonomo quando all’Ikea ho scelto il letto per la mia nuova stanza”; “secondo me autonomia significa staccarsi dalla propria mamma”; “autonomia è trovare un lavoro”.
Queste sono alcune delle risposte che ragazzi e ragazze, di diversa età e di diverse esperienze pregresse, hanno dato alla mia domanda in merito a cosa fosse per loro AUTONOMIA.
Alcuni di loro sono giovani adulti, che ogni giorno frequentano servizi come gli S.F.A., altri sono ragazzi minorenni impegnati in progetti specifici, con frequenza monosettimanale, sempre mirati al raggiungimento ed al consolidamento delle competenze di autonomia, in casa e fuori casa.
Cosa vuol dire S.F.A. ? E’ un acronimo che significa Servizi Formazione all’Autonomia: servizi territoriali rivolti a persone con fragilità che, per le loro caratteristiche, non necessitano di servizi ad alta protezione bensì di interventi a supporto e sviluppo di abilità utili a creare consapevolezza, autodeterminazione, autostima e maggiori autonomie spendibili per il proprio futuro nell’ambito del contesto familiare, sociale, professionale
L’argomento autonomia, soprattutto per persone di qualsiasi età con disabilità, è molto vasto, a tratti complesso e richiederebbe un elevato numero di pagine per essere ben affrontato.
Ciò che scelgo di raccontare qui è un breve estratto in chiave concreta della mia esperienza professionale.
Quotidianamente condivido tempo con queste persone e proprio da e con loro ho compreso che essi imparano ciò che vivono e che sperimentano sulla loro pelle. Le risposte che mi hanno fornito non sono frutto di utopie fantasiose intrappolate nelle loro teste, bensì sono il risultato di esperienze praticate giorno dopo giorno e che di cui fanno “gelosamente” tesoro. Uso l’avverbio “gelosamente”, perché ogni risultato è una enorme conquista che richiede notevoli sforzi ed investimenti del sé.
Lavorare sull’autonomia in questi contesti significa innanzitutto condividere un progetto comune a più parti: utente, operatore e famiglia, stabilendo “un patto di non belligeranza”, ossia operatore e famiglia devono evitare di sostituirsi all’utente, accogliendo normali ed inevitabili errori, blocchi e regressioni.
Alcune settimane fa ho accompagnato con la collega un gruppo di ragazzi al centro commerciale. Questa attività, avvenuta nell’ambito di un progetto di educazione all’autonomia e all’affettività per ragazzi con difficoltà cognitive o emotivo-relazionali per il quale lavoro, è stata pensata per responsabilizzare il gruppo in merito all’acquisto di piccoli oggetti (pattuiti con la famiglia) ed all’orientamento in posti nuovi.
Questa uscita sul territorio ha richiesto svariate ore di preparazione:
capire cosa sia un centro commerciale
scegliere in quale andare e con quali mezzi arrivarci
che valore dare alla somma di denaro posseduta
una volta arrivati, come procedere con gli acquisti
Noi operatrici abbiamo aspettato i ragazzi al di fuori dei negozi, lasciando quindi loro la responsabilità dell’acquisto in sé in termini tecnici (gestione dei soldi e del resto; in quale negozio andare se si ha bisogno di un paio di calze, … ) ed anche la libertà di scegliere qualcosa che piacesse.
Autonomia è insieme saper fare e saper essere ! Essere una persona che sa scegliere coi propri gusti.
E’ stato curioso ed anche formativo per noi operatrici notare le loro “inesattezze”, perché queste sono costruttivi punti di partenza e di riflessione.
Più volte sono scattati gli allarmi per via di qualcuno che, colto da entusiasmo dell’acquisto, è uscito dal negozio per mostrare cosa aveva scelto senza però pagare; qualcuno ha acquistato qualcosa che non aveva programmato o qualcosa di taglia sbagliata; altri non hanno fatto acquisti.
L’importante è non demordere mai e creare sempre una rete tra le parti, in modo da procedere con coerenza.
La strada è indubbiamente lunga, a tratti faticosa e a tratti sorprendente ed anche laddove capiterà di sbagliare, si troverà un modo per “sorridere dei guai” (V. Rossi)